Fondata ufficialmente nel 1875, la Tessitura Luigi Bevilacqua rappresenta una delle testimonianze più autentiche della tradizione tessile veneziana. Tuttavia, le sue radici affondano ben più indietro nel tempo, nel cuore del Rinascimento veneziano, quando la città lagunare era il centro nevralgico della produzione di velluti e tessuti di lusso.

Le origini: una storia di famiglia nel cuore di Venezia

La presenza della famiglia Bevilacqua nel settore tessile è attestata fin dal Quattrocento. Una chiara testimonianza si trova nel dipinto San Marco trascinato alla Sinagoga (1499) di Giovanni Mansueti, dove tra i committenti appare un certo “Giacomo Bevilacqua tessitore”. Non si tratta di un episodio isolato: documenti d’archivio della Serenissima riportano nel corso dei secoli diversi membri della famiglia Bevilacqua coinvolti in mestieri tessili, come marzer (mercante di stoffe), drapier, cimador e tintore. Questa lunga tradizione artigianale ha fornito le fondamenta culturali e tecniche su cui Luigi Bevilacqua costruì la sua impresa.

La crisi dell’Arte della Seta: un patrimonio a rischio

A metà del Cinquecento, Venezia contava oltre 1.200 tessitori, più del doppio rispetto al secolo precedente. Tuttavia, questa fiorente attività iniziò un lento declino con l’arrivo delle riforme napoleoniche. Nel 1806, un decreto imperiale soppresse tutte le corporazioni artigiane, comprese quelle della celebre “Arte della Seta”. Con la fine delle scuole di mestiere e l’interruzione della trasmissione orale delle tecniche tradizionali, l’artigianato veneziano fu messo seriamente in crisi.

A ciò si aggiunse, nello stesso periodo, l’introduzione del dispositivo Jacquard da parte dell’inventore francese Joseph Marie Jacquard. Questo meccanismo, sviluppato tra il 1804 e il 1806, consentiva di comandare l’alzata dei fili di ordito tramite schede perforate, permettendo la creazione di disegni complessi nei tessuti. Il dispositivo Jacquard, inizialmente installato su telai manuali, fu successivamente integrato nei nuovi telai meccanici azionati a vapore o elettricità.

Questa meccanizzazione accelerò drasticamente la produzione, ma segnò anche la perdita di molti saperi artigianali, soprattutto nella tessitura del velluto. Non fu il dispositivo in sé a causare il declino dell’artigianato, ma il suo impiego all’interno di processi industriali che puntavano alla velocità piuttosto che alla qualità e all’unicità del prodotto.

La rinascita: Arts and Crafts e la manifattura Bevilacqua

Nella seconda metà dell’Ottocento, in controtendenza con l’industrializzazione dilagante, nasce in Inghilterra il movimento Arts and Crafts. Fondato su principi di recupero dell’artigianato, della bellezza funzionale e del lavoro manuale, questo movimento si diffuse rapidamente nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, risvegliando l’interesse per le tecniche tradizionali delle arti decorative, tra cui la tessitura.

In questo contesto culturale si colloca l’iniziativa di Luigi Bevilacqua e del suo socio Giovanni Battista Gianoglio, che nel 1875 fondano una nuova manifattura tessile a Venezia. La sede viene stabilita in un edificio storico in Fondamenta San Lorenzo, nel sestiere di Castello, un tempo sede di una Scuola dell’Arte della Seta ormai in disuso. Un gesto emblematico: riprendere esattamente da dove l’attività tessile veneziana si era interrotta, recuperando i telai manuali del Settecento e dando nuova vita a una tradizione che sembrava perduta.

La continuità della tradizione

Oggi, la Tessitura Luigi Bevilacqua è l’unica realtà rimasta a Venezia a produrre ancora velluti operati a mano su antichi telai Jacquard manuali. Un’attività che richiede tempo, competenza e dedizione assoluta. Come afferma Alberto Bevilacqua, attuale amministratore delegato, “Siamo praticamente rimasti soli in Italia, quindi per noi è importante continuare la tradizione dei nostri antenati”.

La nostra storia è oggi raccontata anche a livello internazionale, come nel video realizzato da Great Big Story (CNN), che ha documentato il valore culturale e la rarità di una tradizione tessile rimasta pressoché intatta nei secoli. Un racconto che testimonia come, anche nel presente, la bellezza del fatto a mano in Italia continui a parlare un linguaggio universale.

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